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emilio zola. 233


espressione di tristezza. Non tiene affatto a questi racconti, e s’arrabbia coi critici che, o sinceramente o malignamente, dicono di preferirli ai suoi romanzi. A un tale che gli espresse tempo fa questo giudizio, rispose: — Vi ringrazio; ma se venite a casa mia vi farò vedere certi miei componimenti di terza grammatica, che vi piaceranno anche di più. — I suoi primi romanzi furono quei quattro arditissimi, fra cui Thérése Raquin, ora un po’ dimenticati, che vennero definiti da un critico «letteratura putrida.» C’era già lo Zola uomo; ma solamente dalla cintola in su. Le sue grandi facoltà, artistiche, già spiegate, ma non ancora sicure, sentivano il bisogno di reggersi sopra argomenti mostruosi, che attirassero per sé soli l’attenzione. Si vedeva però già in quei romanzi uno scrittore imperterrito, ch’era risoluto a farsi largo a colpi di gomito, e che aveva il gomito di bronzo. Uno di quei romanzi, Madeleine Férat, che s’aggira sopra un fatto osservato dall’autore, d’una ragazza la quale, ab-