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ancora in questo stato quando la porta s’aperse e mi trovai nell’anticamera illuminata da una lampada appesa al soffitto. Ma fu quello, grazie al cielo, l’ultimo momento. La governante mi domandò il nome per andare ad annunziarmi. Il suono del mio nome pronunziato da e ripetuto da lei, in quella stanza, mi svegliò, come se qualcuno m’avesse chiamato; la mia mente si rischiarò e un torrente di vita mi affluì al cuore. La donna aperse una porta e disparve. Per la porta semiaperta uscì un suono confuso di voci allegre e forti, da cui capii che si stava terminando di cenare. In mezzo a quel vocìo afferrai due parole: — La philosophie indienne.... — Ebbi appena il tempo di pensare: Oh numi! Che cosa dirò se mi attaccano sulla filosofia indiana? La porta si richiuse. Mi parve che seguisse un silenzio profondo. La governante faceva l’imbasciata. I minuti secondi mi sembravano quarti d’ora. Quel silenzio mi pareva tremendo. Finalmente la donna ricomparve, mi accennò di seguirla, guar-

Ricordi di Parigi. 12