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gioia con cui accolse quel dono e il piacer che mostrommi nel leggerlo. Non era poeta, ma non era nemmeno privo di quel criterio, ch e necessario a discernere il buono dal cattivo. Io aveva toccate inoltre certe corde che solleticavano mirabilmente il suo orecchio. Non nominava alcuno in quei versi, ma tanto il Colletti che gli altri verseggiatori del suo ordine si videro in quelli meravigliosamente dipinti. Mi ricordo di due ottave, che ferirono piú sul vivo questi poveri sciaurati, e sono queste :

Dicono che famosi or quinci or quindi fatti si son col plettro e colla tromba, che lor fama volò da’mori agl’indi, che non andranno interi entro la tomba; van per le strade attilatucci e lindi per ascoltar se il nome lor rimbomba, e, se non parlan gli altri, parlan essi, ed al silenzio altrui fan de’ processi. Mi vergogno però eh’in altra forma non vedano sé stessi e il proprio fallo, mi vergogno che Febo o taccia o dorma e non gli accoppi il pegaseo cavallo. Oh come è ver ch’orgoglio il ver trasforma e mostra spesso all’uom verde per giallo!

ché lungo un palmo si vedrien gli orecchi, se guardasser un di dentro i miei specchi.

Non mancò Valerio di pubblicar questo poemetto colle stampe. Si sparse in un momento per tutto il paese, e tanto gli amici miei che quelli dell’editore lo trovarono molto piacevole e ne fecero somma festa. Colletti fremeva, ma non osava aprir bocca, per non parer di conoscersi. — Tutti mi dicono — mi diss’egli un giorno — che intendeste di fare il ritratto mio; nia io veramente non mi ci trovo. — Si trovava però costui dipinto assai meglio ch’io non voleva, e non mancò a suo tempo di vendicarsene. Questa frottola, dirollo pure, mi rese assai piú accetto a tutta la cittá. Non passava giorno, in cui io non avessi qualche