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Fu in questi tempi che, avendo avuto occasione di conoscere diversi celebri improvvisatori italiani, tra i quali l’abate Lorenzi, monsignor Stratico e l’Altanesi, mi misi al cimento anch’io d’improvvisare. Mio fratello fece lo stesso, e riuscimmo abbastanza ambidue, per essere con qualche diletto ascoltati. Ci solevano chiamare generalmente gli «improvvisatori di Ceneda». Questa facilitá di recitare o cantare improvvisamente in buoni versi, su qualunque soggetto e in qualunque metro, quasi esclusivamente propria degli italiani, dovrebbe bastare a far conoscere quanto poetica, quanto per tutti i modi pregevole stimar si debba la nostra lingua, che presta colle sue grazie, colle sue melodie, colle sue dovizie i mezzi di dire ex ubmpto quelle cose, che da’ verseggiatori dell’altre lingue, anche dopo lungo studio e meditazione, difficilmente si scrivono; cose non solo « vaghe ed ornate e d’esser lodate ed udite degnissime, ma atte a dilettare, a sorprendere ed a rapire gli animi di chi le ascolta, come quelli diranno, che non solo gli incomparabili Gianni e Dal Mollo, ma la Gorilla, la Bandettini e qualch’altra famosa improvvisatrice ebbero la sorte d’udire.

Questo nuovo ornamento, in me improvvisamente sviluppatosi, accrebbe sommamente la benevolenza del Memmo per me e il desiderio, ad un tempo stesso, di beneficarmi. Poco mancò però che non nascesse da questo suo affetto medesimo la mia rovina. Questo illustre soggetto, che per nascita, per sapere e per grandezza d’animo non aveva forse chi l’agguagliasse nella repubblica, teneva in sua casa una giovine, che, senza gran pregi di corpo o di spirito, ma di tutti quegli artifizi ed astuzie fornita, di cui una malvagia donna è capace, dominava tirannicamente sul di lui animo, e ligio affatto rendevalo d’una cieca passione. Invano si avrebbe cercato di disingannarlo. Per tre o quattro mesi ebbi la sorte di non dispiacere a costei. Il Memmo passava meco molte ore in letture e meditazioni; usciva di casa piú spesso che in altri tempi far non soleva:

aveva insomma per me varie occasioni di occupazione, che davano maggior libertá ed agio a colei di divertirsi a suo senno. La mia disgrazia volle che questa donna s’innamorasse d’un