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Mi condusse a un viottolo poco frequentato, in fondo del quale aspettavami la mia donna. Entrammo subito in una gondola, dove ella proruppe in singhiozzi e dirotte lagrime. Non poteva immaginarne le cause. — Se è pel danaro perduto che voi piangete, consolatevi — le diss’io. — No no — soggiunse ella, interrompendomi: — piango pel mio crudel destino, piango per l’iniquitá del fratello mio. Egli non vuole assolutamente che 10 piú vi vegga, e molto meno che piú alloggiate con noi. 11 perfido, che crede di non poter piú succhiare di voi cosa alcuna, avendovi giá tutto rapito, disegnò d’introdurre in casa un ricco birbante e. ciò ch’è peggio, vostro nemico implacabile. — Com’era persuaso ch’ella con sincero animo quelle lagrime fuori per gli occhi spargesse, cosi, volendo sollecitamente trarla di affanno, le feci cadere un pugno di sonanti zecchini nel grembo. Balenò subito un sorrisetto sulla sua faccia, e crebbe la gioia a proporzione del danaro mostratole. Le narrai allora la storia de’due soldi; contammo, col giubilo che ognun può credere, cento e sette zecchini ; e, dopo molte scambievoli feste, studiammo come si doveva profittevolmente usarne col fratello. Questo metallo solo aveva la virtú d’imbrigliare quella gran bestia. Ci venne quindi pensato di porlo in sospetto ch’io fossi capace di far dell’oro ; e ciò esegui la sorella mirabilmente. Mancò però che questa burletta non mi costasse, come vedremo in appresso, la vita. Aveva giá Sua Eccellenza dato ordine al servo di vendere il mio letto, ch’era l’unica masserizia lasciatami fino allora dalla sua sfrenata ingordigia, e di dare a lui 11 danaro che ne ricaverebbe. Il servo, che amava piú me che lui, l’aveva invece impegnato e recatigli sei zecchini. Con questi era ito a giocare. Essendomi noto il loco ch’ei frequentava, mi vi recai anch’io sollecitamente, e mi misi a giocare con lui vicino. Non mi salutò quando entrai. Posi sul desco alcuni zecchini, e finsi non essermi accorto ch’ei fosse presente. La vista di quell’oro lo solleticò. Salutommi subito con patetica tenerezza, mi strinse la mano e sorrise. Pochi minuti dopo domandommi pian piano dieci zecchini : io invece glie ne diedi venti, co’ quali ebbe la fortuna di guadagnarne cinquanta. Era