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72 notturno


La calle stretta.

La Casa rossa. Renata ansiosa e bianca.

Ci sediamo a tavola. Non si mangia quasi niente. L’amico è là. I dolci ch’egli amava, come un bambino goloso, sono là. Ma non ci sono fiori. Rimangono sul vassoio d’argento le due maschere di vetro: Arlecchino e Pantalon. Le tolgo, le metto sul caminetto. Si parla, si parla di lui: ci si sazia di disperazione.

Dormo qualche ora con incubi. Mi levo alle tre di notte. Porto con me il tubo, pieno di caffè caldo, che usavo portare nei voli.

Esco.

Notte di luna, adamantina.

Venezia defunta e chiusa nel diamante perenne.

Le calli e i campielli deserti. Il suono del mio passo quasi spaventoso.

Mi scocca l’ora sul Ponte della Paglia; e il grido delle altane si propaga nella chiarità sonora.