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e piangeva di rammarico, e prometteva d’essere migliore, e non sapeva d’essere sublime.

E non lo sapevi neppur tu, di te, o mio Maggiora.

E, quando escii da quell’ospedaletto da campo su l’Ausa, col mio occhio destro perduto, pensai nella mia tristezza selvaggia a quei pochi che avrebbero pianto. Pensai a Corsani, che avrebbe pianto. Pensai a te, che avresti pianto.

E stasera quanto mi sarebbe dolce avervi tutt’e due, uno da una parte e uno dall’altra, al mio capezzale!


Anche un altro avrebbe pianto, forse di più: Giovanni Federico, il marinaio della terra di mia madre, il marinaio di Ortona.

Ma non ha più se non le sue occhiaie d’osso, là nel piccolo cimitero dell’Isola, dove avevo promesso di porgli una pietra scolpita in