Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/152

140 notturno




Stanotte il demone prende il mio occhio acceso nella palma della mano e ci soffia sopra con tutta la forza delle gote gonfie.

Tutte le imagini si affocano.

Ecco che la battaglia lontana della Mosa entra nel mio incendio. I battaglioni ubriachi di etere vengono innanzi come quelle zone di pineta ardenti, chiamate «controfuoco» nella mia Landa d’esilio, quasi mandre di fiamme animali, che vidi spingere innanzi dai resinieri con le battiture delle grandi frasche verdi.

Si avvicinano di corsa. S’ingrandiscono. Li vedo attraverso i pali e gli spini dei reticolati. Distinguo a una a una le facce dei Bavari convulse dal furore e dal terrore. S’avvampano come fasci di stipa.