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tico. Andiamo verso una porta, verso il deposito mortuario, dove le due salme attenderanno fino a lunedì per essere seppellite.

Non mi distacco dal mio feretro. Entro nella stanza fredda, imbiancata.

La cassa è posta su due cavalletti. È ancora coperta dalla coltre e dai miei fiori.

Mentre mi raccolgo e dico anche una volta addio al compagno (il suo corpo è scosso da questo continuo moto, dalle prove e riprove per la collocazione stabile), ecco che cominciano a entrare le corone.

Sono enormi, talune. I portatori le dispongono contro le pareti, l’una su l’altra. Sono cento, sono più di cento.

Un’afa irrespirabile. Fiori ancor vivi, fiori morti. Tutta la stanza è ingombra. Per far posto, bisogna premere le ghirlande, calcarle, pestarle.... Mi sento venir meno. Mi portano fuori all’aria.