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Parte prima 59

Ma la nobiltà, che ha inventato la graziosa costumanza del viaggio di nozze, una costumanza che per lungo tempo fu suo privilegio, non ne gode i preziosi vantaggi. Col viaggio di nozze la nobiltà non si risparmia le lunghe cerimonie, le visite importune ed indiscrete, la pubblicità sfacciata ed irritante; essa non può godere l’incognito, l’amabile solitudine. Essa viaggia, è vero, nel vagone riservato; ma sino all’ultimo istante ha dovuto sopportare le noie di una lunga funzione, la stringata etichetta, i freddi complimenti a fior di labbra, dalla più fredda risposta. Attorno al vagone, ad ogni stazione, si affollano venditori, facchini, impiegati, curiosi, sfaccendati che hanno saputo esservi lì dentro viaggiatori eccezionali. All’arrivo nella prima città, nel più splendido albergo, il migliore appartamento è riscaldato, illuminato, ornato di fiori che sono sempre grossi e triviali; i servitori attendono nell’atrio, pronti, ossequiosi; nel gran salone il maestro di casa, colla sua corretta figura di falso gentiluomo, il mento e le labbra rasi, le basette all’inglese, si espande in troppo numerose offerte di servigi e presenta il libro dei viaggiatori, dove il marito è obbligato a scrivere, con un senso di disgusto, il nome di sua moglie ed il suo. L’indomani, con la posta, arrivano i giornali della città che si è lasciata, dove il cronista, e perchè di natura adoratore dell’aristocrazia, e perchè a secco di materia, si fa un dovere di schiccherare, sotto il vecchio e storpiato titolo High-life, una descrizione minuta e pomposa dello sposalizio, della bellezza delle dame, della loro eleganza, con qualche frase sconveniente come questa: Il volto della sposa spesso si infiammava della tinta del pudore; ovvero: Si vedeva che lo sposo era molto innamorato. E la sera stessa i giornali del paese annunziano il passaggio degli sposi, coi titoli, la paternità, e vi aggiungono in fondo un augurio