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306 Cuore infermo

— Garavino vende il yacht, compriamolo ed andiamo a passarvi a bordo una settimana — diceva Beatrice, colpita da un’idea felice, dopo due giorni di esaurimento.

Marcello comprava il yacht, faceva addobbare splendidamente il piccolo appartamento e si recavano ad abitarlo, costeggiando Napoli, Castellammare, Sorrento ed Amalfi, senza mai scendere a terra, bruciando dei profumi nelle stanzette, prendendo dei sorbetti alla turca, fumando delle sigarette; sibbene una notte Marcello non trovò più Beatrice nel suo nido, la trovò sul ponte, sola, spenzolata dal bordo, con gli occhi confitti sul mare nero; la chiamò, non lo udì.

— Che fai qui, Beatrice?

Ella dette un grido come se fosse lontana le mille miglia da quel punto, come se precipitasse da un’altezza incommensurabile. Uno spavento la faceva tremare verga a verga; ella volgeva attorno lo sguardo smarrito, come se ritornasse da un grande pericolo, e non poteva proferir parola.

— Ma, Beatrice, amor mio, cerca di riaverti, sono io!

Ella stese la mano per toccarlo, quasi per riconoscerlo:

— Soffocavo laggiù... — mormorò poi — mi mancava l’aria... ma neppure qui si respira... il cielo nero ed il mare nero hanno assorbita tutta l’aria.

Il giorno seguente abbandonavano il yacht per non ritornarvi più. Ma le fantasie principesche ricominciavano da un’altra parte. Nelle feste del carnevale, quando il popolo dalla via si cava il gusto di mitragliare coi coriandoli la borghesia e l’aristocrazia che sta nelle carrozze e sui balconi, per essere mitragliato a sua volta, Beatrice ebbe il balcone meglio addobbato della via Toledo. Col costume di flanella bianco, con la masche-