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6 ottobre

collo, singhiozzando: era la madre del bambino salvato. Tutt’e due si slanciarono nella stanza, e s’udì un grido disperato: — Oh Giulio mio! Bambino mio! — In quel momento si fermò una carrozza davanti alla porta, e poco dopo comparve il Direttore col ragazzo in braccio, che appoggiava il capo sulla sua spalla, col viso bianco e gli occhi chiusi. Tutti stettero zitti: si sentivano i singhiozzi della madre. Il Direttore si arrestò un momento, pallido, e sollevò un poco il ragazzo con tutt’e due le braccia per mostrarlo alla gente. E allora maestri, maestre, parenti, ragazzi, mormorarono tutti insieme: — Bravo, Robetti! — Bravo, povero bambino! — e gli mandavano dei baci; le maestre e i ragazzi che gli erano intorno, gli baciaron le mani e le braccia. Egli aperse gli occhi, e disse: — La mia cartella! — La madre del piccino salvato gliela mostrò piangendo e gli disse: — Te la porto io, caro angiolo, te la porto io. E intanto sorreggeva la madre del ferito, che si copriva il viso con le mani. Uscirono, adagiarono il ragazzo nella carrozza, la carrozza partì. E allora rientrammo tutti nella scuola, in silenzio.


IL RAGAZZO CALABRESE.


22, sabato.

Ieri sera, mentre il maestro ci dava notizie del povero Robetti, che dovrà camminare un pezzo con le stampelle, entrò il Direttore con un nuovo iscritto, un ragazzo di viso molto bruno, coi capelli neri, con gli occhi grandi e neri, con le sopracciglia folte e raggiunte sulla fronte; tutto vestito di scuro, con