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Se ne parla una sera — egli narra con la sua consueta candidezza1. — Un amico [un tal Robalia], il quale non mi conosceva, sentendo parlare con vantaggio di me, domanda: — E perché dunque non la stampa? — Ed i denari? — Quanto ci vuole? — Circa ottocento lire. — Ditegli che venga da me. — Vado: quest’uomo mi conta ottocento lire, e non mi dá nemmeno il tempo di ringraziarlo. Volea fargli una ricevuta: non vuole. — Stampate l’opera — mi dice: — quando l’avrete venduta e non avrete bisogno, mi restituirete le ottocento lire... Io volea partire, ed egli mi trattiene ancora: tira fuori due luigi (62 lire), e mi dice: — Tenete: le ottocento lire vi servono per la stampa. Ma voi avete bisogni: servitevi di questi due luigi. Se vi occorre altro, venite da me. —


Si può bene immaginare con quanta gioia il giovane molisano si affrettasse a portare il suo bravo manoscritto a una «tipografia milanese» alla Strada nuova. Dalla quale, pochi mesi dopo (non piú tardi dell’agosto 18012), compariva per la prima volta, in tre volumetti, senza il nome dell’autore, il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana, preceduto da una Lettera a N. Q. seguito dai Frammenti di lettere a Vincenzio Russo. Venti esemplari dell’ opera furon donati al buon Robalia, che non volle mai sentir parlare di restituzione della somma anticipata: gli altri, messi in commercio, ebbero tanta fortuna, che non solamente l’edizione (diventata oggi una raritá bibliografica assai preziosa3) fu in breve tempo esaurita, ma l’autore, oltre un certo lucro immediato, conseguí, non ostante l’anonimo, tanto ampia reputazione, da ottenere, un paio di mesi dopo, un impiego con circa trecento lire mensili4.

  1. Nella cit. lettera al fratello.
  2. Fisso questa data, perché dell’impiego ottenuto dal C. «due mesi» dopo la pubblicazione del Saggio egli fruiva giá anteriormente al 14 ottobre 1801 (si veda Cogo, op. cit., p. 57, nota 50). Ma non mi sembra verisimile quel che congettura il Cogo, 1. c., che cioè il Saggio fosse potuto uscire alla luce presso a poco due mesi prima del 16 marzo 1801, ossia a mezzo gennaio, quando si ricordi che il C. giunse a Milano a mezzo decembre 1800. In un mese dunque egli avrebbe terminata l’opera, trovato il danaro e curata la stampa, che allora procedeva assai meno sollecita che ai giorni nostri?
  3. A Napoli non ne esiste se non un solo esemplare, che, posseduto giá dal compianto bibliofilo Francescantonio Casella, si conserva ora nella ricca biblioteca di Benedetto Croce.
  4. Si veda la citata lettera al fratello. Per le ragioni precedentemente esposte, non credo che siffatto impiego possa essere quello di collaboratore del Redattore italiano, come opina il Cogo, l. c., se è vero che il Cuoco scrivesse in quel giornale fin dal 16 marzo 1801.