gli altri? di quello, al quale non dando retta guasteremo la parte di noi che prospera con la giustizia e va in fiore, ed è afflitta ed annichilata con la ingiustizia?1. O non è egli vero in nulla?

Critone. Mi par vero, a me2.



  1. È il concetto socratico già accennato: la virtù è la potenza dello spirito; il vizio è la sua impotenza. Ed è, se ben si riflette, l’inversione, il capovolgimento preciso, del concetto sofistico, che la potenza sia virtù. Non la potenza mondana è valore morale; ma non c’è altra vera potenza che il valore morale, la giustizia. La tesi sofistica suonava: chi più può, più eccelle; Socrate la capovolge: solo chi eccelle moralmente, il giusto, può davvero: padrone, non di una città prostrata ai suoi piedi, ma di qualcosa che val meglio: padrone di sé stesso.
  2. Il risultato del discorso di Socrate finora è: diamo retta a chi s’intende di virtù, e non al volgo, se non vogliamo mandare in rovina l’anima nostra. — Il concetto e l’espressione cristiana «la salute dell’anima» erano famigliarissimi a Socrate; nè egli aveva altro interesse, se non che gli uomini salvassero l’anima loro rendendola virtuosa. Bensì Socrate mirava al valore dell’anima in sè stessa, più che al suo destino oltre la morte; questo destino era, per lui, un corollario del merito, del pregio intrinseco, dell’anima: perchè in sè virtuosa, beata dopo morte: non virtuosa in vista della beatitudine d’oltretomba, e per assicurarsela.