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capitolo decimo | 393 |
n’andassero in pellegrinaggio, o facessero qualche offerta a sua intenzione1.
Ma siccome nel dispaccio imperiale non si faceva menzione dell’Araldo della Croce, e si parlava solo di una Croce stata piantata presso la Concezione, così il Sommo Pontefice, nella sua prudenza, non fu sollecito a secondare il voto dell’Imperatore. La Santa Sede, e i teologi in generale non mostrano gran fidanza ai prodigi attribuiti ad operatori indeterminati: questa potenza, cui riconoscono e invocano così volontieri i filosofi alemanni, e i razionalisti, la potenza dell’indeterminato, stata in tanto credito presso gli scrittori del secolo decimottavo, non fa peranco autorità a Roma. La Chiesa non riconosce i meriti dell’indeterminato, nè crede a miracoli fatti da taumaturgi in plurale.
Diffatti, nella storia dell’antico Testamento non vediamo un solo miracolo senza nome di autore. Similmente nella storia primitiva dell’apostolato non v’è esempio di miracolo anonimo: e anche quando, per cause riservate ne’ segreti della Provvidenza, il miracolo è operato da varii, il nome e la qualità di questi uomini eletti non restano mai occulti: il loro plurale può sempre decomporsi in singolari distinti; e sono o i figliuoli di Aronne, o i sacerdoti, o i profeti, o gli apostoli, o i discepoli, Santi, o corporazioni religiose eredi del loro spirito. Quando Dio, concedendo miracoli alla riunione de’ fedeli, a quelli che lo pregano insieme, degnasi esaudire lor voti, non conferisce un potere miracoloso all’anonimo: fa miracoli in lor favore, ma non col loro mezzo; così è ordinariamente.
Certo che, si sono veduti miracoli in una tal cappella, sul tal altare, senza che alcuno ne potesse additar la causa, vale a dire l’occasion personale, e sapere per cui merito la grazia er’accordata: nondimeno, in generale, il miracolo che profitta a molti