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capitolo decimo 347

natura1.» È diffatti cosa inudita che in un capo-squadra, in un governatore nell’atto di fondare una nuova amministrazione, siasi allogata una simile assiduità d’investigazioui. Humboldt fa questa confessione: «ciò che caratterizza Colombo, è la penetrazione, la finezza estrema con cui coglie i fenomeni del mondo esteriore, ammirabil egualmente e come osservatore della natura e come intrepido navigatore. Giunto sotto un nuovo cielo e in un mondo nuovo, la configurazione delle terre, l’aspetto della vegetazione, le consuetudini degli animali, la distribuzione del calore secondo gl’influssi della longitudine, le correnti oceaniche, le variazioni del magnetismo terrestre, nulla sfugge alla sua sagacità: Colombo non si limita a raccogliere fatti isolati; li combina, e cerca lor vicendevoli rapporti, e s’innalza talvolta con felice arditezza alla scoperta delle leggi generali che reggono il mondo fisico2.» Sprovveduto com’era degli stromenti e del soccorso de’ lumi moderni, il suo genio non tralasciava per questo di osservare i grandi aspetti della natura per investigarne e spiegarne i fenomeni. Le influenze atmosferiche, la direzione delle correnti, l’aggruppamento delle piante marine, le diverse densità degli strati acquei, i principii delle divisioni climateriche, la loro relazione colla differenza de’ meridiani, questi arcani, allora imponenti e severi, non intimidivano l’audacia delle sue investigazioni. Non avendoci qui agio di esporre le conquiste del suo genio ne’ campi dello sconosciuto, ci limiteremo a nominare le principali sue scoperte, ch’emergono provate dai suoi scritti.

Queste grandi scoperte spettanti all’ordine scientifico sono sette:

1.° L’influenza ch’esercita la longitudine sulla declinazione dell’ago magnetico.

2.° L’inflessione che provano le linee isoterme seguitando il tracciato delle curve, a cominciare dalle coste occidentali dell’Europa sino alle rive orientali del Nuovo Mondo.

  1. Humboldt, Esame critico della storia della geografia del Nuovo Continente, t. III, pag. 16.
  2. Ibidem, p. 20, 25.