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capitolo nono 137

mila cavalli, di cui cinque anni dopo raddoppierebbe il numero, approntando così un esercito di centomila fanti, e diecimila cavalli. Nostro Signore gli aveva chiarito che il danaro occorrente a tale impresa poteva essere fornito da’ suoi redditi; ma che Satana impiegò tutti i suoi sforzi perchè a quel tempo non si fosse potuto ancora recar nulla ad effetto: il governo gli è stato violentemente tolto; ed in siffatte iniquità, Colombo vedeva un’astuzia dell’eterno nemico, il quale temeva che si compiesse un sì pio disegno1.

La brutta-copia, che possediamo di questa lettera dettata dall’Ammiraglio al giovane Fernando suo figlio, non tocca al suo fine; ma è certo che fu terminata, e fece parte delle cose che Colombo aveva incaricato Francesco di Rivarol di spedire a Roma: ne abbiamo la prova implicita.

Preparando la partenza, Colombo scrisse un pro-memoria pel suo primogenito don Diego, nel quale stabiliva i suoi diritti, enumerava i suoi titoli, e indicava i mezzi di farli valere. Questa precauzione manifestava i suoi timori. Le cattive disposizioni del Re gli erano note. Pel timore che nella sua assenza, o dopo la sua morte, sopraggiunta in lontane regioni, non si aggiungesse alle violenze già commesse un’aperta spoliazione, mercè cui gli fossero rubati i titoli e le pergamene de’ suoi privilegi, fidò ogni cosa a’ suoi fedeli amici, i Religiosi, depositandoli per copia in duplicato nei loro conventi.

Quantunque prendesse questi partiti di prudenza, scrisse ai Re per raccomandare alla loro benevolenza i suoi figli e i fratelli, se mai venisse a morte nel corso di quella spedizione. La sua lettera rivelò le sue inquietudini. Isabella, che si trovava allora a Valencia della Torre, per calmarlo risposegli, il 14 marzo, una lettera firmata dai due Re, in termini di una deferenza e di una considerazione straordinaria, inusitata anche co’ più

  1. “Satanas ha destorbado todo esto, y con sus fuerzas ha puesto esto en término que non haya efecto.... por muy cierto se ve que fue malicia del enemigo, y porque non venga á luz tan santo propósito” — Carta del Almirante Colon á su Santidad. — Coleccion diplomática, n° cxlv.