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294 così parlò zarathustra - parte quarta


Un tale cibo non è certo adatto ai bambini, nè alle donne cupide, giovani o vecchie. Per le viscere di costoro altri argomenti son necessarii: ma io non sono nè il loro medico nè il lor maestro.

Intanto io li liberai dalla nausea: questa è la mia vittoria! Nei miei dominii essi trovano ora la sicurezza, e lasciano ogni falso pudore.

Possono aprire il lor cuore: per essi le ore scorrono beate e gioiose: essi ruminano, e diventano riconoscenti.

Questo io accetto per mio migliore augurio: non passerà molto tempo, ed’essi inventeranno nuove feste e innalzeranno monumenti alle loro antiche gioie.

Sono convalescenti!».

Così parlò Zarathustra con lieto cuore; e guardò dinanzi a sè; ma i suoi animali gli si strinsero da presso e rispettarono silenziosi la sua felicità.


2.

Ma improvvisamente Zarathustra provò sgomento poi che la caverna che prima risuonava di strepiti e di risa s’era fatta a un tratto muta come una tomba; — e ne usciva odor di fumo e di incenso, come di pigne che vi bruciassero.

«Che cosa avviene? Che stanno facendo?», chiese; e si appressò cautamente alla porta della caverna per poter osservare, non visto, i suoi ospiti. Ma, oh prodigio! Che cosa dovette vedere coi proprii occhi?

«Essi son divenuti tutti pii, essi pregano, essi son matti!» — esclamò meravigliato. E, in fatti, tutti quegli uomini superiori — i due re, il papa, il cattivo mago, il mendicante volontario, il viandante-ombra, il vecchio indovino, il coscienzioso dello spirito e il più brutto degli uomini — tutti, al pari di bambini o di vecchie donnicciuole, inginocchiati, adoravano l’asino. E appunto allora il più brutto degli uomini cominciava a gorgogliare come se alcunché di inesprimibile fosse per uscirgli dalla strozza; ma quando finalmente riuscì a parlare, le sue parole composero una strana e pia omelia in onor dell’asino adorato e incensato. E l’omelia suonava così: