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234 così parlò zarathustra - parte quarta

Il colloquio coi re.


1.

Zarathustra errava appena da un’ora fra i suoi monti e le sue foreste quando uno strano corteo gli si offerse alla vista. Proprio su la via per cui scendeva si avanzavano due re coronati e cinti di porpora, variopinti come aironi: essi spingevano innanzi a loro un asino carico. «Che cercano questi re nel mio regno?», disse Zarathustra meravigliato in cuor suo, nascondendosi rapidamente dietro un cespuglio. Ma quando i due re gli furono giunti da presso, egli disse a mezza voce, come uno che parla tra sè e sè: «Strano! Strano! Come s’accorda ciò? Vedo due re e un asino solo!».

Allora i due re sostarono guardando sorridenti verso il luogo donde giungeva la voce. Poi si guardarono in faccia. «Tali cose si pensano anche da noi», disse il re che stava alla destra, «ma non si dicono».

Ma il re ch’era alla sinistra fece spallucce e rispose: «Sarà qualche pastore di capre o qualche eremita che ha vissuto troppo a lungo in mezzo alle roccie ed agli alberi, giacchè la solitudine guasta essa pure i buoni costumi».

«I buoni costumi?», replicò con dispetto e amaramente l’altro re: «a chi cerchiamo noi di sfuggire? non forse ai «buoni costumi?», alla nostra «buona società?».

« Preferirei vivere cogli eremiti e coi pastori di capre, anzichè con la nostra plebaglia dorata e fucata, per quanto possa esser chiamata la «buona società» — o la «nobiltà». Poi che in questa tutto è falso e putrido: anzitutto il sangue, grazie alle antiche malattie maligne e ai medici anche peggiori delle malattie.

Quel che più ho caro oggi è un ingenuo contadino, rozzo, scaltro, ostinato e l’esistente: questa è oggi la specie più nobile.

Il contadino è oggi il migliore degli uomini; e il costume del contadino dovrebbe prevalere a ogni altro! Ma ora è il regno della plebe, — non mi lascio ingannare intorno a ciò. E la plebe significa orribile mescolanza.