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398 REPLICA ALLA RISPOSTA

(p. 30) cioè all’incirca di tredicimila metri; e ci pare, che la dimanda nostra fosse ben moderata. Ma egli dice, “i caselli si possono determinare in numero e posizione soltanto all’atto dell’esecuzione della strada” (337.°). — Non è vero; perchè fin d’ora si può sapere che un casello, a cagion d’esempio, presso al Dolo, a Montebello, a Romano, a Cassano, sarà necessario quanto una stazione a Brescia o a Vicenza.

All’ommissione assoluta di questi caselli, degli scaldatoj, e dei ricoveri per le guardie, il sig. Milani risponde d’averli in monte compresi nelle relative stazioni (§ 333.°). — Non è possibile. Il prezzo ch’egli attribuì ad alcune stazioni è così basso, che non può comprendere nemmanco le fabriche per i passaggieri, e per le machine e i veicoli. Eppure egli intende che le stazioni tutte “debbono avere gli alloggi e gli officj per gl’impiegati superiori della stazione e della sezione;.... debbono raccogliere, prima della partenza, e accogliere all’arrivo le grandi masse dei viaggiatori, ed il concorso delle merci; e quindi debbono avere tutti i fabricati a questi usi occorrenti;... debbono avere magazzini pel combustibile, per i materiali necessarj alla manutenzione delle fabriche e delle strade; debbono avere una fabrica per riscaldare le machine, e l’aqua d’approvigionamento, e capace anche di contenerne alcune sempre in buono stato.... Ne’ miei prospetti delle stazioni, la fabrica per riscaldare le machine ne può contenere otto”. (§ 335.°) — E con tutte queste belle meraviglie, le sue stazioni di Brescia, di Padova, di Mestre dovrebbero costare soltanto cento mila lire ciascuna! E non basta, perchè inoltre “sotto il titolo di stazioni, son compresi tutti i fabricati d’azienda; cioè i caselli, gli scaldatoj e i ricoveri delle guardie per tutta un sezione di circa 25 mila metri...” Se il sig. Milani non fa le sue fabriche di carta, non si vede come i suoi conti possano valere. E questo è un progetto studiato un anno, colla libera discussione di trenta ingegneri, presieduti da un genio? E fu approvato da dieci direttori, tutte teste pratiche di prima qualità; fu pagato, largamente pagato, e per soprapiù onorato d’un premio di sedicimila lire all’autore; il quale, in forza di quest’approvazione, viene a dichiarare agli azionisti, ch’egli è il loro padrone, e ha diritto di spendere i loro cinquanta milioni