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lettera iv. 21

nistra di predestinazioni tragiche, e nascondendosi per entro alle pieghe d’un volere impervio ai dubitanti della terra, si pianta come un giogo in mezzo della vita, ne spezza le potenze che contrastano a lei, e crea un cimitero di schiavi là dove potrebb’essere un paradiso di liberi. Che redenzione infausta fu quella! che libertà sciagurata ci recò l’apocalissi del regno di Dio la quale annunziava cieli nuovi e terra nuova! che frutto ne venne dall’avere abbandonato le vie della natura per traviarsi miseramente nelle vie della grazia! quanti secoli perduti per sempre alla ragione umana! quante battaglie stolte in cui si versò il miglior sangue dell’anima per conquistarsi un regno de’ cieli impossibile!

Ah! se penso al danno immenso del quale rechiamo le cicatrici ancora vive dentro di noi, alla salute del mondo moderno contristata dalla morbosità medievale, a quel gruppo di demenze accampate nel cervello a guisa di specie stabili della fede, all’arduità