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LIBRO PRIMO. 23

suo elevato ingegno l’abbiamo nelle seguenti parole da lui adoperate ad allettare e blandire il barbaro Tutac.

VII. “Il tuo sultano ed il mio imperatore hanno vincoli d’amicizia infra loro; questo barbaro Urselio poi agisce violentemente e guerreggia contro l’uno e l’altro, da solo in pari guisa ad entrambi nemico. Non volere adunque, credimi, attribuire a favore o riguardi verso di voi il mirare che mentre ora gettasi armata mano sopra di noi, spogliandoci a poco a poco e conculcando il romano suolo, non molesti ad uno la Persia; egli sì opera conoscendosi insufficiente colle attuali sue forze a combattervi, ne va pertanto col temporeggiare e cogli inganni raccogliendo; ma lascia che siesi rafforzato, potendo, col debellarmi, ed in allora, franco da ogni timore de’ Romani, lo avrai tosto nemico audacissimo contro. Nè io pretendo che tu concorra meco a togliere di mezzo un comune danno mediante l’unica mercede riposta nella pubblica utilità. Domanda pure danaro quanto ne vuoi, e questo sarà un altro tuo guiderdone se imprigionato Urselio a noi lo consegnerai. Ora ben vedi se tu debba stare in forse nell’aderire a tale consiglio, dal quale saranno per derivarti tre beni superiori ad ogni altro che tu bramar possa. Conciossiachè ne avrai in primo luogo danaro quanto non giunse mai a guadagnarne alcun di voi; ti procaccerai in grado eminentissimo l’imperiale benevolenza, coll’aiuto della quale ti si appianerà in seguito la via ad una prosperità somma; farai da ultimo grandissimo piacere allo stesso sultano, col rimirarsi, la tua mercè, libero da Urse-