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126 ARISTOFANE

Neppure mancano, nella caricatura aristofanesca, le discussioni d arte, che erano, come vedemmo, così care ad Agatone. Questi, nel dialogo con Mnesiloco, svolge la sottil teoria delle segrete corrispondenze fra l’arte di un poeta e le vesti ch’egli indossa (p. 144, v. 9). Del resto, il presentarlo vestito da donna è satira ben più mordace, non dell’arte, ma dei costumi del poeta dolciloquente. La immagine di Agatone si riflette dunque, alterata come in uno specchio deformante, ma ben ravvisabile, nella caricatura aristofanesca: è vera caricatura di persona. Non altrettanto si può dire per Euripide. Tranne qualche giro di frase un po artifizioso, e la smodata passione per le mechanài, questo personaggio non ha verun tratto che realmente lo caratterizzi. Qui Aristofane si contenta di scherzar con la preda. Nelle Rane, poi, doveva discutere sul serio l’aborrito tragediografo e darcene l’immagine quale egli la vedeva, sia pure con occhi di nemico: per ora gli basta di pigliare in prestito dalla farsa popolare il solito tipo del dotto ciarlatano, a cui appicca una delle qualità che più dovevan render famigerato fra il popolo lo schivo tragediografo: la misoginia. In questa commedia vediamo già inoltrato il decadimento della parte lirica. La prima parabasi è ridotta ai minimi termini; è priva del commation, della strofe, dell’antistrofe e di un epirrema. La seconda parabasi manca, o, meglio, è sostituita dall’inno a Dèmetra e Persefone. Oltre a questi canti, non ci sono che brevi parodie e inni alle Divinità. Tanto i brani corali quanto le monodie, sono poi trattati con estrema trascuratezza; ed alcuni degli inni sono così poveri, di così stanca tautologia, che a momenti non sembrerebbero opera di Aristofane. Forse la musica o il carattere di riproduzione veristica ne avrà rilevata la pochezza; ma ben possiamo dolerci che Aristofane