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282 ARISTOFANE

Pag. 174. v. 19. - In questo brano il testo è poco sicuro. Fra altro, è strano che dei vecchi eliasti se la prendano con Cleone; vedi perà I uscita di Filocleone a pag. 202, v. II. Pag. 175, v. 10. - Ulisse s’era travestito da pitocco per entrare di soppiatto in Ilio. Il fatto era narrato nella Piccola Iliade. Pag. I 75, v. II.- Adombro alla meglio un giuoco fra opc, foro, e oplas, cacio, (atto rapprendere mediante latte di fico (opós). Pag. 175, v. 14. - Prodezza simile a quella ricordata a p. 168 v. 4. La presa di Nasso risaliva a! 471 (Tucid., 198). Pag. 176, v. 13. - Ad Artemide, dea della caccia, dovevano incerto modo esser sacre anche le reti. Nel testo poi è un giuoco fra Diktinna, il noto epiteto d’Artemide, e dlktyon, rete. Pag. 177. v. 7. - S’aspetterebbe i misteri, o simili. Pag. 178, v. I. - Presso i tribunali sorgeva una statua dell’eroe Lieo, figlio di Pandione. Filocleone, per la sua mania tribunalizia, ne ha fatto collocare una simile accanto alla propria casa. Pag. 179, v. 1. - 11 testo è qui un po’ambiguo: rendo con qualche larghezza. Circa questa frasca, vedi i Cavalieri, voi. 1, p. 188, v. 6. Pag. 179, v. 2. - Rendo così alla meglio l’allusione al verbo eréllein, remigare, racchiusa nell’ eircsióne (frasca) del testo. Pag. 180, v. 4. - Teoro è l’adulatore già punto prima. Pag. 180, v. 7. - Filippo è un sicofante beffeggiato anche altrove. Non sapremmo dire se il Gorgia qui ricordato fosse veramente il padre di lui, o il celebre sofista leontino, che allora gli sarà stato maestro. Pag. 181, v. 8. - Nomi di servi. Pag. 182, v. I. - Cecrope, il mitico re d’Atene, era appunto rappresentato in questa forma, simboleggiarne l’autoctonia. Pag. 182, v. 3. - Questo mi sembra il significato dell’oscurissimo testo. In questa commedia si ricordano spesso beni come mali, doglie come piaceri, maltrattamenti come benefizi. Intendo che il klàein del testo (piangere) stia, burlescamente, invece di un «mangiare». Nella versione questo scherzo sparisce: come si rinuncia all’anfibologia di chóln/x, che vuol dire tanto gogna quanto una misura di circa un litro. Pag. 182, v. 17. - Parafraso così il blépein kàrdama, alla lettera: guardar crescione. Cfr. Origine ed clementi, p. 242.