Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) II.djvu/274


I CALABRONI 271

NOTE 271 mente degli Ateniesi. E a noi vien fatto di pensare ai fanti che uscivan patteggiati di Caprona. Pag. 30, v. 2. - La terra conquistata ai nemici, sottrattane una. dccima da consacrare ai numi, veniva distribuita a sorte fra i cittadini più poveri. Di questa Lesina crede si parli; ed esulta quando sente che si tratta di spartirla tutta. Pag. 30, v. 7. - Un Alene senza giudici e senza cause non si poteva concepire; vedi i Calabroni. Pag. 31, v. 4. - L’Eubea nel 445 s’era ribellala e aveva prece le armi contro Atene. Pericle I invase e la trattò durissimamente (Tucidide, I, 114). Pag. 33, v. 3. - Lesina intende l’espressione «guardar dall’alto» nei suo significato metaforico, e goffamente risponde in conseguenza. Pag. 33, v. 14. - Vedi la pappolata analoga che Euripide infligge a Mnesiloco nelle “Donne alla festa dì ‘Dcmetra. Pag. 36, r. 3. - Questa iniziazione buffonesca è certo parodia dei riti di qualche mistero: degli orfici, crede il Dielerich ‘Ufietn. Mas. voi. 48, fase. 2). Pag. 36, v. 4. - Lesina ricorda una scena di Sofocle, nella quale Atamantc, reo della tentata uccisione del figlio Frisso, era condotto vittima all aliare di Giove. Eracle poi giungeva a liberarlo. Pag. 39, v. 9.- Il suolo dell’Attica era magro; ma Pindaro l’aveva chiamato pingue (liparós); e l’epiteto era troppo gradito, pare, alle orecchie ateniesi, perchè i poeti vi rinunziassero. Pag. 39, v. 13. - Contrapposti agli Inferi, e specialmente a Démetra e Persefone, venerate in Eieusi; i loro riti erano misteriosi. Pag’ 43, v. 3. - La teoria dei rapporti fra le nuvole e i poeti ciarlatani viene esposta dal ditirambografo Cinesia negli Uccelli. Pag. 44, V. 7. - Il peloso e zazzeruto poeta melico c tragico già beffato negli Acarnesi. Pag. 44, v. 9. - Di questo concussionario sappiamo solo ciò che ne dicono Aristofane, il quale più sotto lo bolla anche come spergiuro, ed Eupoli, che lo accusa di aver rubato ad Eraclea. Pag. 45, v. I, - Cleonimo è una delle vittime predilette di Aristofane, e, in genere, dei poeti comici. E fra le varie taccie ricorre più spesso contro di lui l’accusa d’aver gittato lo scudo in battaglia.