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C. XVIII — v. 1-15. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che, compiuto lo ragionamento di Virgilio ditto di sopra nel quale dichiarò come amore è radice d’ogni virtù e d’ogni vizio, elli pregò Virgilio che dichiarasse che cosa è amore: imperò che di questo dubbitava, dicendo così: Posto avea fine al suo ragionamento l’alto Dottor; cioè Virgilio, al quale in questa parte ben si convenia questo nome: imperò che come dottore avea parlato e determinato che amore è la radice dei sette peccati mortali e così de le virtù, come chiaro appare per quil che ditto è di sopra, et attento guardava Ne la mia vista; cioè Virgilio fiso guardava nel mio volto: imperò che quive si cognosce l’abito d’entro per li segni che nel volto si vedeno, s’io; cioè Dante, parea contento; cioè di quel che ditto era di sopra: li segni del volto che dimostrano contentamento sono levamento su del volto, letizia de la faccia, e ’l volgimento del volto qua e là1. Et io; cioè Dante, cui; cioè lo quale, nuova sete; cioè nuovo desiderio di sapere, ancor frugava; cioè stimulava, Di fuor tacea; che era uno segno di non esser contento, e d’entro; cioè a me, dicea: Forse; mormorando o menando le labbra; e questo era segno di non esser contento, Lo troppo addimandar, ch’i’ fo, lo grava; ecco che manifesta l’autore lo suo concetto ch’elli avea allora d’entro, lo quale procedea da discrezione. Ma quel Padre verace; cioè Virgilio lo quale ora chiama Padre: però che come padre attendeva a la salute di Dante, come di filliuolo; et anco la ragione dè comandare et insegnare a la sensualità, e la sensualità dè ubedire a la ragione et attendere a la sua dottrina, come filliuolo, che s’accorse Del timido voler; come se n’avidde Virgilio: imperò che Dante fece atto di voler parlare e rattennesi, che fu segno di volere parlare e di timore, per lo quale lassò lo volere, che non s’apriva; cioè che non si manifestava, Parlando; cioè Virgilio: di parlar ardir mi porse; cioè a me Dante. E debbiamo pensare che cosa disse Virgilio a Dante che li diè ardire di parlare, et acconciamente possiamo fingere che li dicesse: Ài veduto, Dante, come amore è radice d’ogni virtù e d’ogni vizio, per darli ardire di dire. Ond’io; cioè unde, cioè per lo qual parlar io Dante dissi, s’intende: Maestro; ecco che chiama Virgilio Maestro, perchè ora à ad ammaestrare; e dice Gracismo che è differenzia tra dottore e maestro: dottore è pur d’uno, maestro di più, e però dice: Unus est doctor, sit multorumque magister — , il mio veder; ecco per questo dire, che Dante fa ora, che dice il mio veder, possiamo fingere che Virgilio dicesse: Ài veduto ec., s’avviva Sì nel tuo lume; cioè, secondo la lettera, lo

  1. C. M. là; et un altro segno è del parlare; cioè che si comprende nelle parole, e di questo non s’intende ora. Et io;
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