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c a n t o   xxiv. 647   

76E da questa credenza ci convene
     Silocizzar senza aver altra vista;
     Però intensa d’argomento tene.1
79Allor udì: Se quantunche s acquista
     Giù per dottrina fusse così inteso,
     Nolli aria luogo ingegno di sofista.2
82Così spirò da quello amore acceso,
     Indi soggiunse: Assai ben è trascorsa
     D esta moneta già la lega e ’l peso;
85Ma dimmi se tu l’ài nella tua borsa;
     Ond io: Sì ò sì lucida e sì tonda,
     Che nel suo conio nulla mi s’inforsa.
88Appresso uscì de la luce profonda,
     Che lì splendea: Questa cara gioia,
     Sopra la qual ogni virtù si fonda,
91Onde ti venne? Et io: La larga ploia
     De lo Spirito Santo, che è diffusa
     E ’n su le vecchie e ’n su le nuove cuoia,
94È ’l silogismo che me l’à conchiusa3
     Acutamente sì, che ’n verso d’ella
     Ogni demostrazion mi pare ottusa.
97lo udi’ poi: L’antica e la novella
     Proposizion che così ti conchiude,
     Perchè l’ài tu per divina favella?
100Et io: La prova, che ’l ver mi dischiude,
     Son l’opere seguite, a che natura
     Non scalda ferro mai, non batte ancude.4
103Risposto fùmi: Dì, chi t’assigura,
     Che quell’opere fusser? Quel medesmo,
     Che vuol provarsi, non altri te l’ iura.5

  1. v. 78. C.A. E però
  2. v. 81. C.A. Non gli avria loco
  3. v. 94. C.A. È sillogismo, che la mi à
  4. v. 102. C.A. Nè scaldò ferro mai, nè battè
  5. v. 105. C.A. il ti giura.