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c a n t o   xv. 433   

49E seguio: Grato e lontan digiuno
     Tratto, leggendo del maggior volume,1
     U’ non si muta mai bianco, nè bruno,
52Soluto ài, fillio, dentro a questo lume,
     In che ti parlo, mercè di colei,
     Ch a l’alto volo ti vestì le piume.
55Tu credi che a me tuo pensier mei
     Da quel ch’è primo, così come raia
     Dall’un, se si cognosce, il cinque e ’l sei;2
58E però ch’io mi sia, nè perch’io paia
     Più gaudioso a te, non mi dimandi,
     Che alcun altro in questa turba gaia.
61Tu credi ’l vero, che i minori e i grandi3
     Di questa vita miran ne lo spellio
     In che prima, che pensi, il pensier pandi.
64Ma perchè ’l sacro amor, in che io vellio4 5
     Con perpetua vita, e che m’asseta
     Di dolce disiar, s’ adempia mellio,
67La voce tua sicura, balda e lieta
     Suoni la voluntà, suoni ’l disio,
     A che la mia risposta è già decreta.6
70Io mi volsi a Beatrice; e quella udio
     Pria ch’io parlassi, et arrisommi un cenno,7
     Che fece crescer l’ali al voler mio;
73Poi incominciai così: L’affetto e ’l senno,
     Come la prima qualità n’apparse,8
     D’un peso per ciascun di voi si fenno:

  1. v. 50. C. A. del magno
  2. v. 57. C. A. conosce
  3. v. 61. C. A. che minori e grandi
  4. v. 64. C. M. amor io vellio
  5. v. 64. C. A. in cui
  6. v. 69. Decreta; decretata, giusta il decretus latino. E.
  7. v. 71. C. M. avisommi — C. A. arrosemi
  8. v. 74. C. A. equalità v’