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SONETTO CXXVIII
Se ’l nome sol di Cristo in cor dipinto
Basta a far forte e pien d’alto valore
Un fedel servo, sì ch’ogni vigore
Ha sempre in guerra di vittorie cinto,
Quanto più arditamente Ignazio spinto
Fu al tormento, a le bestie ed al dolore,
Avendol sculto in lettre d’oro al core,
Sicuro alor di più non esser vinto?
Ché né foco, né dente, né saetta
Poteano entrar fra cotal scudo e lui,
Sì forte e interna fu la sua diffesa.
Il mortai velo era in poter altrui,
Ma l’alma invitta, già sicura, eletta,
Stava col suo Gesù d’amore accesa.
SONETTO CXXIX
Lume del Ciel, che ne’ superni giri
Te ’n porti il cor per non vedute scale
Ove nostro sperar per sé non sale,
Né dassi ad uom mortai che a tanto aspiri,
Tu porgi agli affannati bei desiri
Virtù da non spiegare indarno l’ale,
Tu sol far puoi ch’un alma inferma e frale
Al Tuo vivo splendor s’erga e respiri.
Oh benedetta luce, a cui d’intorno
Fuggon queste false ombre e nudo il vero
Quant’occhio mirar può chiaro si scopre!
Benedetto colui ch’ogni penserò
Ferma a’ bei raggi! e benedette l’opre
Che fien lodate in quello eterno giorno!