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SONETTO CXXIV
Donna accesa animosa, e da l’errante
Vulgo lontana, in soletario albergo
Parmi lieta veder, lasciando a tergo
Quanto non piace al vero eterno Amante,
E, fermato il desio, fermar le piante
Sovra un gran monte; ond’io mi specchio e tergo
Nel bello exempio, e l’alma drizzo ed ergo
Dietro Torme beate e l’opre sante.
L’alta spelonca sua questo alto scoglio
Mi rassembra, e ’l gran sol il suo gran foco
Ch’ogni animo gentil anco riscalda;
In tal pensier da vii nodo mi scioglio,
Pregando lei con voce ardita e balda
M’impetri dal Signor appo sé loco.
SONETTO CXXV
Ne l’alta eterna rota il pie’ fermasti,
Donna immortai, quando, col santo ardire,
Quella de la fortuna e del martire
Contra i nimici tuoi lieta girasti.
Aprio il ferro il tuo cor, e no ’l piegasti
A minacce o lusinghe, anzi il desire
Corse al suo fin per me’, li sdegni e l’ire
Trovando pace in sì fieri contrasti.
L’alma nel divin monte altera siede
U’ Dio pasce gli eletti, e ’l mortai velo
Ne l’altro ov’Ei la legge al popol diede;
Caterina, se in terra il tuo gran zelo
Tant’alme trasse a la verace fede
Prega per me il Signor, poiché se’ in Cielo.