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A domandargli quanti anni avesse, per il solito rispondeva:

— Il babbo e la mamma dicono che ne ho dieci; ma lo dicono per farmi arrabbiare....

— O dunque quanti anni hai?

— A dir poco poco, ne devo avere dodici per i diciotto: un altr’anno sarò di leva....

— Come fai a saperlo?

— Chi può saperlo meglio di me? Gli anni son miei, e nessuno me li può levare. —

Fatto sta che Gigino, mentre pretendeva di essere un giovinotto e un omino maturato prima del tempo, si dava a conoscere per un ragazzo più ragazzo di molti altri. Era bizzoso, capriccioso, svogliato, ghiotto dello zucchero e dei pasticcini; un po’ bugiardo; prepotente e permaloso co’ suoi compagni di scuola, e fanatico dei balocchi fino al segno di pigolare tutti i giorni qualche soldo, per comprarsi un burattino o un cavallo di terracotta col fischio nella coda.

Voi forse mi domanderete: In qual modo, dunque, il signor Gigino mostrava questa sua gran passione di farsi credere un giovinotto? —

Ve lo dico subito: la sua passione stava tutta nel desiderio di potersi vestire da uomo, come il suo fratello maggiore che aveva oramai vent’anni compiti; vale a dire, invece del solito berrettino, avrebbe preferito un bel cappello a tuba; invece della giacchettina, un soprabito di panno nero; e invece della golettina rovesciata, che lascia libero il collo, un bel golettone ritto e inamidato, come il collare dei preti.