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insaldato, che il povero figliuolo sentiva tagliarsi la gola! Non poteva più abbassare la testa: non poteva voltarsi nè di qua nè di là: pareva proprio un impiccato. Eppure quel giuccherello era contento, tanto contento, che sarebbe difficile figurarselo!

La sua prima idea fu quella di chiedere alla mamma il solito permesso per andare dal solito cartolaro a comprare le solite penne: ma poi, tornandogli in mente la gran disgrazia toccata all’infelice cappello a tuba, pensò meglio di scendere giù nel giardino. Se non foss’altro, scansando il pericolo d’incontrare i monelli di strada, si sarebbe levato il gusto di farsi vedere dal giardiniere, dalla moglie del giardiniere e dal loro bambinetto.

Appena arrivato sulla porta del giardino, il primo a venirgli incontro fu Melampo, un grosso cane da guardia che cominciò subito a guardarlo male e a ringhiare, come se avesse voluto mangiarlo.

― Che cos’ha Melampo? ― gridò Gigino al figliuolo del giardiniere. ― Che forse non mi conosce più? Non riconosce il suo padrone?

― Come vuol che faccia a riconoscerlo, con codesto golettone che gli fascia tutta la gola?... Lo creda, sor Gigino, duro fatica a riconoscerlo anch’io.... Da ieri a oggi, l’è così imbruttito.... con rispetto parlando?

― Imbruttito?... sarebbe a dire?...

― Lo creda, sor Gigino, la mi pare un galletto quando