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bino mezzo nudo e tremante dal freddo, diceva grogiolandosi fra il calduccino delle lenzuola:

― Oh come dev’essere cattivo il freddo! Brrr.... ―

E dopo aver detto e ripetuto per due o tre volte ― Oh come dev’esser cattivo il freddo! ― si addormentava saporitamente, e faceva tutto un sonno fino alla mattina.

Pochi giorni dopo, accadde che Alberto incontrò per le scale di cucina la Rosa, la quale era l’ortolana che veniva a vendere le uova fresche alla villa.

― Sor Albertino, buon giorno signoria, ― disse la Rosa ― quanto tempo è che non è passato dalla casa dell’Orco?

― Chi è l’Orco?

― Noi si chiama con questo soprannome quell’uomo dalla barbaccia rossa, che sta laggiù sulla via maestra.

― Dimmi, Rosa, o il suo bambino che fa?

― Povera creatura, che vuol che faccia?... È rimasto senza babbo e senza mamma, alle mani di quello zio Bernardo....

― Che dev’essere un uomo cattivo e di cuore duro come la pietra, non è vero? ― soggiunse Alberto.

― Pur troppo! Meno male che domani parte per l’America, e forse non ritornerà più.

― E il nipotino lo porta con sè?

― Nossignore; quel povero figliuolo l’ho preso con me, e lo terrò come se fosse mio.

― Brava Rosa!

― A dir la verità, gli volevo fare un po’ di vestituccio, tanto da coprirlo dal freddo.... ma ora sono corta a quattrini. Se Dio mi dà vita, lo rivestirò alla meglio a primavera. ―