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II

FINE DEL VI LIBRO

Fernando in la sua tornata de Calabria in Terra de Lavoro, intesa tanta e si subita rebellione, cum gran difficultá, mise insieme quelle gente che l’avea et andò a campo a Calvo; ma essendo forte de sito e ben fornito, se levò de l’impresa, et alle stanzie misse le sue gente; et esso cum ogni industria cercava mantener quelli in la fede sua et alle sue voglie, che non s’erano rebellati. E fatto questo implorò agiuto da papa Pio summo pontifice e dal duca Francesco Sforza, nelli quali aveva posta ogni sua salute et ogni sua speranza; et inde per non essere in un medemo tempo implicato in doe guerre, fece la pace con Sigismondo: del che turbatosi Giacomo Picinino, e tanto piú per avere il pontifice in dedizione della Chiesia tolto le terre a lui promesse, determinò di lassare el re Ferdinando e seguitare el duca Gioanne d’Angiò et il principe di Taranto. Del che il duca Francesco Sforza, duca di Milano, essendone avvisato da’ soi amici, mandò Marco Corio gentilomo milanese a Giacobo Picinino, e facesse ogn’opera acciò non se partisse dalle voglie del re Ferdinando, promettendoli molti denari et una sua figliola bastarda nominata Drusiana, giá sponsata per esso Picinino: et oltra ciò li fece intendere che non dubitasse, ché lui lo agiutarebbe cum papa Pio. Et ancora esso duca de Milano impose a Marco Corio che usasse ogn’opera acciò el conducesse seco; ma esso Picinino non volse, dicendo non aver bisogno de simili uccelli da rapina. Ancora el duca Francesco Sforza mandò pecunia a Federico duca d’Urbino per tenerlo in fede et a ciò anche che impedisse li soldati del Picinino, il qual conosceva non esser inclinato al parere suo et alle sue voglie; e perciò deliberò tagliarli la via a ciò non si congiungesse con el duca Gioanne d’Angiò, et imperò comÌ6se ad Alexandro Sforza suo fratello che insieme con Federico duca d’Urbino cum loro gente se ponessino tra Pesaro et Urbino a ciò non passasse alla via della F. Coiahnuccio, Opere-1. 20 bis