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ottobre sequente, fatto prima lega con lui, il re Alfonso con molta grazia e doni liberò e mandollo a Porto Venere, ove trovò sei navi, le quali Filippo aveva fatto armare a Genova, che lo conducessino nel reame. Stette molti di in Porto Venere Alfonso per aspettare don Piero infante suo fratello, che con sua armata lo venisse a levare, e ancor per vedere se poteva dare aiuto alcuno a Filippo a la recuperazione di Genova, la quale dappoi la sua partita, si come instabile e facilmente ad ogni cosa mutabile, indignata de la liberazione sua fatta da Filippo, se li era rebellata.

Don Piero infante, avvisato dal principe di Taranto de la rilassazione del re Alfonso e di quello aveva a fare, con cinque navi si era levato di Sicilia e veniva in riviera di Genova: delle cinque, una carica di grano per violenza di fortuna di mare arrivò nel porto di Gaeta, e don Piero a la spiaggia si ridusse. 1 gaetani cacciati da la fame e instigati da alcuni de la terra, che con certi altri fuor’ usciti si intendevano, credendo ancora ragionevolmente che ’l re, liberato e tornando maggiore per l’aiuto e favore del duca Filippo, in poco tempo avesse a recuperare tutto il regno, si détteno a don Piero; e in questo modo recuperò, senza averlo sperato, Gaeta, poi in Porto Venere si condusse. Alfonso in quel mezzo aveva dato tutto il favore possibile per la recuperazione di Genova, a la quale Filippo aveva mandato per terra Nicolò Picinino; ma veduto che niente se li poteva fare e che i fiorentini di gente, di vittuaglie e di denari, a persuasione de’ veneziani, aiuta• vano i genovesi, se n’andò a Gaeta. Di li andò a Capua, la quale, benché nel tempo de la sua prigionia fusse stata aspramente oppugnata da la regina Isabella e da Iacopo Caldora, nondimeno per opera e virtú di Giovanni da Ventimiglia condottiero di Alfonso, che la difendeva, fu salva; stando a Capua accordò Raimondo conte di Nola, poi andò a campo a Scafati e a Castell’ a Mare e per accordo li ebbe.

Isabella vedendo non poter sola resistere ad Alfonso, ricorse per aiuto ad Eugenio papa, il quale li mandò Giovanni Vitellesco patriarca con tremila cavalli e tremila fanti. Andò