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capitolo terzo 165

«Non è dunque tolto da Roma lo sguardo di Dio, ne il tesoro della sua potenza, è dunque sempre Roma la ritta che non deve perire. Viva dunque Roma, Viva Pio IX».

Dopo questi discorsi «vengono ricordati il conte Pagliacci, il sig. Alessandro Rossi, il sig, Guerrini, il sig, Meucci che recitarono prose e poesie, 7nolto bene accolte e applaudite dal pubblico. Il sig. De Andreis recitò, fra molti evviva, i versi del sig. Checchetelli, assente da Roma, e il sig. Giuseppe Benai pronunziò alcuni versi in dialetto romanesco - quelle stesse sestine che aveva declamate il giorno innanzi a sant’Onofrio — che furono lodati a furore: tanto erano pieni di verità, di vivezza e di inspirazione poetica.

«In fine sopravvennero cantando inni e accompagnati con la banda dei Vigili gli studenti della Sapienza - cosa che fa andare in furore il buon Spada - i quali eseguirono vari cori vi onore di Roma e dell’Augusto che oggi, con tanto senno ed amore ci regge» nota.

Come si vede se discorsi e poesie furono inspirati dall’amore di Roma, furono però anche altrettanti inni, troppo azzurri, troppo rosei, troppo arcadici, in onore di Pio IX.

A questa diffusa relazione il Foglio aggiunto al Contemporaneo unisce una canzone di Alessandro Poerio avvertendo che l’autore scrisse questa canzone tempo fa, ed avendola gentilmente a noi regalata non potevamo, ci pare, cogliere occasione più bella per farne presente al pubblico.

È una canzone di severità accademica e di atteggiamenti classici - sebbene la spezzatura del metro e un certo andar quasi celere accennino nel poeta un vigoroso anelito a novità. Ad ogni modo è poesia inspirata ad alti sensi, ricca di eletti Pensieri e di versi robusti, benchè talvolta oscuri. Vi si sente dentro quasi una rimembranza delle canzoni del divino Dante, tanto nel fraseggiare, quanto in una certa melanconia ascetica.

Ancor da te si noma
Ogni alta cosa, o Roma,
Ed i secoli andati ancor Hon toco.
Per te di guerra
Scossa la terra,


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  1. Foglio aggiunto al «Contemporaneo», di sopra citato.