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novella del cavaliere. 127

strarsi a tutti, guardando e cercando con gli occhi la sua Emilia, la quale gli volse un affettuoso sguardo (le donne, si sa, facilmente si accomodano ai capricci della fortuna), ed era ormai tutta di lui non solo apparentemente, ma anche nel cuore. In questo mentre sbucò fuori dalla terra una furia infernale mandata da Plutone per volere di Saturno; e il cavallo di Arcita, spaventato, cominciò ad impennarsi, e saltando bruscamente da una parte cadde. E prima che Arcita avesse il tempo di liberarsi lo lanciò giú di sella a capo fitto, lasciandolo come morto, con uno squarcio nel petto che gli aveva fatto, nel cadere, l’arcione. Mentre giaceva lí per terra, il sangue gli era affluito alla testa con tanta veemenza, che egli aveva la faccia nera come il carbone come l’ala del corvo.

Fu subito raccolto da quel luogo, e portato, con lo strazio nel cuore, al palazzo di Teseo. Per far presto gli fu tagliata indosso l’armatura, e con molta cura fu messo subito a letto, poiché era ancora vivo, e non faceva che piangere per la sua Emilia.