Pagina:Chi l'ha detto.djvu/87

[209-213] Buoni e malvagi 55


§ 12.



Buoni e malvagi





Infinito è il numero delle umane miserie e debolezze, da cui pochi possono dirsi veramente immuni.

209.   Homo sum: humani nihil a me alienum puto.1

(Terenzio, Heautontimorumenunos, a. I, sc. 1, v. 25).

verso di cui narra S. Agostino (Epist. 51) che aveva la potenza di far echeggiare di applausi tutti i teatri plena stultis indoctisque (cfr. S. Paolo, Lett. ai Rom., 3, 23).

Molte volte ci tocca pure di ripetere col Petrarca:

210.    ....Tutti siam macchiati d’una pece.

ovvero con Orazio:

211.   Iliacos intra muros peccatur et extra.2

(Epist., lib. II, ep. 2, v. 16).

Per cui all’umano fallire molta indulgenza si deve avere, e soltanto si ha da serbare la severità per gli errori dovuti ad animo veramente pravo, tanto più che anche il buono può errare, e guai se il buono si guasta! chè,

212.   Corruptio optimi pexima.3

(S. Gregorio Magno, Moralia in Iob).

Del resto pare che il mestiere dell’uomo buono fosse un mestiere screditato fin dai tempi di Marziale, il quale negli Epigrammi (lib. XII, epigr. 51) scrisse che

213.         ....Semper homo bonus tiro est.4


  1. 209.   Sono uomo, e nulla di quanto è umano credo che non mi tocchi.
  2. 211.   Si pecca tanto fra le mura d’Ilio quanto fuori.
  3. 212.   I buoni quando si guastano, diventano pessimi.
  4. 213.   L’uomo buono sarà sempre un principiante.