con quel libro su’ destini d’Italia, che aprì una carriera
nuova di moderazione politica agli scrittori
Italiani. E voi siete de’ maggiori e più generosi di
quella letteratura Italiana esterna, che mi pare una
delle più vicine e più feconde speranze Italiane; ondechè
siete voi stesso una di queste nostre speranze.
E voi giovane e forte ancora avete, così Dio voglia,
lunghi anni da emulare e superare voi stesso; e così
(se di nuovo mi facciate lecito esprimervi un voto di
molti amici vostri), così lasciando i vostri avversari
voi vogliate rivolger tutta a nostro pro quella vostra
forza e potenza. E ad ogni modo, e per quel che farete
e per quello che avete fatto, non può mancare
a voi morto la gloria, a voi morente la coscienza
d’aver bene e grandemente operato per la patria.
— Vecchio combattitore di parte moderata, e per
ciò appunto cacciato già dalia vita attiva, ed entrato
tardi in quella di scrittore, io non lascerò nome che
giunga al tempo della tarda giustizia. Ma che importa?
Se avrò anch’io a difetto del talento moltiplicato
l’obolo commessomi? Se avrò recato, secondo
mie forze, un sasso all’edilizio, un rivo al fiume,
un seme al campo? Se avrò la coscienza che quel
sasso è «tetragono», quell’acqua è limpida, quel
seme non è di danni, infamie o delitti alla patria nostra?