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UN NEMICO


M’ODIA, e il superbo suo sdegno infinito
     Disfoga in puerili atti scortesi:
     Calpesta un cerchio d’òr che aveva in dito
     E fiori e nastri a me d’attorno presi.

Ridere ostenta de ’l mio cor ferito,
     De ’ giorni miei nel sacrificio spesi;
     E se avvien che m’incontri, inorridito
     Ritorce gli occhi a la mia vista offesi.

Poi fulmina, Stecchetti da strapazzo,
     Sovra il mio picciol capo maledetto
     Un sonettuccio impertinente e pazzo.

Gran rumore per nulla! Io so frattanto
     Che certe sere, ne l’andare a letto,
     Sul mio ritratto come un bimbo ha pianto.