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cor molti altri segni di benivolenza d’Alessandro verso d’Apelle; ma assai chiaramente dimostrò quanto lo estimasse, avendo per publico comandamento ordinato che niun altro pittore osasse far la imagine sua. Qui potrei dirvi le contenzioni di molti nobili pittori con tanta laude e maraviglia quasi del mondo; potrei dirvi con quanta solennità gli imperadorì antichi ornavano di pitture i lor trionfi, e ne’ lochi publici le dedicavano, e come care le comperavano; e che siansi già trovati alcuni pittori che donavano l’opere sue, parendo loro che non bastasse oro nè argento per pagarle; e come tanto pregiata fosse una tavola di Protogene, che essendo Demetrio a campo a Rodi, e possendo intrar dentro appiccandole il foco dalla banda dove sapeva che era quella tavola, per non abrusciarla restò di darle la battaglia, e così non prese la terra; e Metrodoro, filosofo e pittore eccellentissimo, esser stato da Ateniesi mandato a Lucio Paolo per ammaestrargli i figlioli, ed ornargli il trionfo che a far avea. E molti nobili scrittori hanno ancora di quest’arte scritto; il che è assai gran segno per dimostrare in quanta estimazione ella fosse: ma non voglio che in questo ragionamento più ei estendiamo. Però basti solamente dire, che al nostro Cortegiano conviensi ancor della pittura aver notizia, essendo onesta ed utile, ed apprezzata in que’ tempi che gli uomini erano di molto maggior valore che ora non sono: e quando mai altra utilità o piacer non se ne traesse, oltra che giovi a saper giudicar la eccellenza delle statue antiche e moderne, di vasi, d’edifici, di medaglie, di camei, d’intagli e tai cose, fa conoscere ancor la bellezza dei corpi vivi, non solamente nella delicatura de’ volti, ma nella proporzion di tutto il resto, così degli uomini come di ogni altro animale. Vedete adunque come lo aver cognizione della pittura sia causa di grandissimo piacere. E questo pensino quei che tanto godono contemplando le bellezze d’una donna che par lor essere in paradiso, e pur non sanno dipingere: il che se sapessero, arian molto maggior contento, perchè più perfettamente conosceriano quella bellezza; che nel cor genera lor tanta satisfazione.

LIII. Rise quivi messer Cesare Gonzaga, e disse: Io già