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dine che apparecchiato ti sia il sepolero, ch’io di te fo sacrificio all’ombra di Sinatto. — Sbigottito Sinorige di queste parole, e già sentendo la virtù del veneno che lo perturbava, cercò molti rimedii; ma non valsero: ed ebbe Camma di tanto la fortuna favorevole, o altro che si fosse, che inanzi che essa morisse, seppe che Sinorige era morto. La qual cosa intendendo, contentissima si pose al letto con gli occhi al cielo, chiamando sempre il nome di Sinatto, e dicendo: O dolcissimo consorte, or ch’io ho dato per gli ultimi doni alla tua morte e lacrime e vendetta, nè veggio che più altra cosa qui a far per te mi resti, fuggo il mondo, e questa senza te crudel vita, la quale per te solo già mi fu cara. Viemmi adunque incontra, signor mio, ed accogli così volontieri questa anima, come essa volontieri a te ne viene: — e di questo modo parlando, e con le braccia aperte, quasi che in quel punto abbracciar lo volesse, se ne morì. Or dite, Frigio, che vi par di questa? — Rispose il Frigio: Parmi che voi vorreste far piangere queste donne. Ma poniamo che questo ancor fosse vero, io vi dico che tai donne non si trovano più al mondo.

XXVII. Disse il Magnifico: Si trovan sì; e che sia vero, udite. A’ dì miei fu in Pisa un gentiluomo, il cui nome era messer Tomaso; non mi ricordo di qual famiglia, ancora che da mio padre, che fu suo grande amico, sentissi più volte ricordarla. Questo messer Tomaso adunque, passando un dì sopra un piccolo legnetto da Pisa in Sicilia per sue bisogne, fu soprapreso d’alcune fuste de’ Mori, che gli furono adosso così all’improviso, che quelli che governavano il legnetto non se n’accorsero; e benchè gli uomini che dentro v’erano si difendessino assai, pur, per esser essi pochi, e gl’inimici molti, il legnetto con quanti v’eran sopra rimase nel poter dei Mori, chi ferito e chi sano, secondo la sorte, e con essi messer Tomaso, il qual s’era portato valorosamente, ed avea morto di sua mano un fratello d’un dei capitani di quelle fuste. Della qual cosa il Capitanio sdegnato, come possete pensare, della perdita del fratello, volse costui per suo prigioniero; e battendolo e straziandolo ogni giorno, lo condusse in Barberia, dove in gran miseria aveva deliberato