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i due vecchietti 287

E porse una boccettina con poche gocce di un liquore rosso dentro, che pareva sangue.

— Bevete, e vedrete. —

Prima che potessero dirle grazie, era sparita.

— Berrò io il primo.

— No, berrò io.

— Sono il marito; devo bere il primo.

— Sono donna, perciò tocca a me.

— Facciamo come l’altra volta; dividiamo le gocce.

— Dividiamole; sarà meglio. —

Le divisero e bevvero. Si sentirono diventare quasi di acciaio.

— Oh, che felicità, moglie mia! Non morremo mai!

— Oh, che felicità, marito mio! Non morremo mai! —

Passarono più di cento anni. Marito e moglie erano sempre gli stessi, curvi, canuti, tutti grinze, senza denti, coi piedi strascicanti, e ogni giorno stavano lunghe ore davanti la porta, al sole, a guardare i bambini che facevano il chiasso:

— Ricordi, moglie mia?

— Ricordi, marito mio? —

Ma non erano però così contenti come avevano creduto di dover essere. Tutto cangiava