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Nello stesso tempo, una commozione profonda, sopraggiunta dietro quel primo impeto d’irritazione e di rivolta, la spingeva a cader ginocchioni davanti la sponda del letto.

— Dio mio!... Gesù mio! — ripeteva singhiozzante, tendendo le braccia verso il crocifisso con un gesto disperato. — Gesù!... Se siete buono e giusto, fatemi morir subito, prima che io mi levi di qui! Fatemi morire! Fatemi morire!

Nell’angoscia, appoggiava la fronte alle materassa, bagnandole di lagrime, contando i battiti del suo cuore per vedere se mai diminuissero, se diventassero più lenti... Indi rialzava la testa, stendeva di nuovo le braccia:

— Se siete buono e giusto, fatemi morire, Gesù! Muovetevi a compassione di me! Fatemi morire!...

Ah, la morte invocata si faceva attender troppo! Gesù Cristo se ne stava impassibile sulla croce, non la esaudiva, non l’ascoltava:

— Fatemi morire! Fatemi morire!...

A un tratto, le parve che il cuore le si schiantasse davvero, che il respiro le venisse meno... e balzò in piedi e spalancò la finestra.

Col terrore che la scuoteva tutta, sprofondava gli occhi in quel cielo buio, coperto qua e là di nuvole, con rare stelle che scintillavano fioche, come smarrite nello spazio; e tendeva l’orecchio senza sapere perchè, in quel vasto silenzio interrotto soltanto dagli urli del mare che si dibatteva laggiù fra gli scogli, simile a un mostro incatenato.

Non osava voltare il capo. Aveva perfino paura di quel crocefisso di avorio da lei così affannosamente pregato poco prima; aveva paura di quella nera solitudine notturna: si sentiva come lanciata via fuori del mondo.