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volino dove questi cenava, si levò tutto confuso, all’inaspettata apparizione, balbettando un scusa.

Giacinta gli accennò d’uscire.

Il conte, voltandosi per vedere chi fosse, seguitava a masticare facendo scoppiettare le labbra, fissandola.

— Giulio! — disse Giacinta, inginocchiandoglisi accanto.

Il conte si nettò la bocca col tovagliolo, le mise una mano sulla testa, come per raffigurarla meglio; poi, lentamente:

— Che cosa volete? — balbettò.

— Giulio, muoio!... Perdonami! — singhiozzava, baciandogli e ribaciandogli la scarna mano. — Muoio!... Perdonami!

Egli la fissò un poco, senza comprendere.

— Va bene! va bene! — poi disse.

E riprese a mangiare.

XIV.

Fatto una cinquantina di passi, Andrea s’era guardato attorno, per assicurarsi d’essere proprio libero. Una rapida reazione accadeva in lui:

— Vigliacco! Incapace d’un fermo proposito! Non era un uomo, ma un bruto, una carognaccia!

Gesticolava, batteva i tacchi, quasi per calcarsi sotto i propri piedi, in disprezzo.

— No, non doveva tornare addietro. Aveva fatto troppo per quella donna!... S’era disonorato, s’era lasciato coprire di vituperio... L’amore, la passione lo scusavano, prima... Ma ora? Vigliacco, torna a casa, rifai le valigie; parti subito!...