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II.

La mattina che la signora Villa e le Maiocchi, mamma e figlia, eran venute in casa Marulli per vedere il corredo arrivato da Milano e da Vienna, Giacinta, più pallida del solito, con gli occhi infossati, pareva avesse pianto.

— Che hai? — le domandò la signora Villa.

— Nulla. Sto bene.

— Bene?... Ma se non ti si riconosce!

— Un po’ di mal di capo... Nient’altro.

La Maiocchi aveva tirata la signora Teresa verso la finestra, mentre Elisa e la Villa mettevano sossopra mucchi di biancheria:

— Bada, Teresa! Quella ragazza si lascerebbe morire prima di dirti di no. Ma questo matrimonio..., non vedi?...

— È lei che l’ha voluto!

La signora Teresa s’irritava:

— Ve la prendete con me! Credete dunque che io menta?

— È proprio inesplicabile!

— Giulia, vieni qui; guarda che bellezza!

La signora Villa era in estasi davanti a certe camicie di Vienna. E la Maiocchi lodava, ammirava anche lei, facendo delle crollatine di testa, stringendo un pochino le labbra, e intanto osservava Giacinta di sbieco:

— Povera ragazza! Si consuma dal cordoglio di sposare quel grullo... A chi vuol darla a intendere sua madre?

— Bellissimo! Elegantissimo! Una magnificenza!