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46 luigi capuana

voce, si dileguavano nell’ombra della sera che aveva invaso il salotto. Madre e figlia parevano assorte nella contemplazione di quel lembo di cielo inquadrato nel vano d’una finestra, limpido, rapidamente cangiante dal puro smeraldo in una tinta smorta, quasi lattea, dove nuotavano due nuvolette ancora rosee degli ultimi riflessi del tramonto.

Parvero morire anch’esse e disperdersi come lievi ondate di fumo. E nella crescente oscurità del salotto si sentivano due respiri affannosi, di persone che avrebbero voluto piangere e si trattenevano a stento.

Dora si rizzò tutt’a un tratto da sedere. Si udì il secco scatto della chiavetta della luce elettrica, che brillò sùbito dall’alto del lampadario.

— Dora, — fece la signora Marozzi — nè allora... nè dopo io non ti ho mai interrogata. Il mio cuore di madre ha sofferto il lungo tormento di non volerti accusare e di non saperti assolvere, poichè tu ti sei chiusa nel più impenetrabile silenzio. Ma in questi momenti dai quali dipende la tua pace — non oso di dire la tua felicità — tu dovresti avere assoluta confidenza in colei che ti ha dato la vita, che ti ha nutrita col suo latte, che ti