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— Dovete perdonare anche voi, figliuola mia! — le ripeteva il confessore.

E dietro il confessionario, a piè dell’altare, le riusciva facile. Ma da lì a poco, in casa, ai primi sussulti del seno, non sapeva, non poteva più!

In quell’ultima settimana, con la fissazione di dover presto morire, un senso più vasto di pace e di serenità la penetrava tutta, una tenerezza di distacco e di rimpianto, che involgeva persone e cose e le gonfiava gli occhi di lagrime. Non ne parlava per non rattristare anticipatamente suo marito. Si sforzava anzi di mostrarsi allegra; e preparava il corredino, quantunque lo credesse inutile, e la sola vista di quelle fasce, di quei pannilini, di quelle camicette, di quelle cuffiettine le desse i brividi.... Ma il suo Giulio n’era contento; voleva apparir contenta anche lei.

Acuti dolori l’avevano tormentata fin dalla mattina e non aveva detto niente al marito. La morte, invocata e aspettata, ora le metteva spavento; e le pareva di allontanarla con l’illudersi che quelli che la incalzavano, non fossero i dolori prenunzi del parto. Andava da una stanza all’altra, appoggiandosi alle pareti e ai mobili nelle strette che si rinnovavano sempre più forti, intestata di avvertire il marito soltanto all’ultimo, quando non avrebbe più potuto nascondergli le sofferenze. A un tratto aveva gridato:

— Giulio! Giulio!

E gli s’era aggrappata al collo, baciandolo desolatamente con le labbra diacce:

— Giulio! Muoio! Giulio!...