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112 i. canti


     Morte ti chiama; al cominciar del giorno
l’ultimo istante. Al nido onde ti parti,
20non tornerai. L’aspetto
de’ tuoi dolci parenti
lasci per sempre. Il loco
a cui movi, è sotterra:
ivi fia d’ogni tempo il tuo soggiorno.
25Forse beata sei; ma pur chi mira,
seco pensando, al tuo destin, sospira.

     Mai non veder la luce
era, credo, il miglior. Ma nata, al tempo
che reina bellezza si dispiega
30nelle membra e nel volto,
ed incomincia il mondo
verso lei di lontano ad atterrarsi;
in sul fiorir d’ogni speranza, e molto
prima che incontro alla festosa fronte
35i lugubri suoi lampi il ver baleni;
come vapore in nuvoletta accolto
sotto forme fugaci all’orizzonte,
dileguarsi cosí quasi non sorta,
e cangiar con gli oscuri
40silenzi della tomba i dí futuri;
questo, se all’intelletto
appar felice, invade
d’alta pietade ai piú costanti il petto.

     Madre temuta e pianta
45dal nascer giá dell’animal famiglia,
natura, illaudabil maraviglia,
che per uccider partorisci e nutri,
se danno è del mortale
immaturo perir, come il consenti
50in quei capi innocenti?
Se ben, perché funesta,