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nota 303


E qui mi sia permesso, per evitare una naturale perplessitá nel lettore, che ritorni, come ho promesso, su di una frase del Gentile alludente alle «tante» correzioni apportate dal Campanella su quell’esemplare (vedi p. 301). Che fossero «molte» lo disse anche l’Amabile (Am. Cod., p. 99); ma fu espressione momentanea piuttosto del suo legittimo entusiasmo di ricercatore; e lui stesso poco piú innanzi (p. 103), facendo una descrizione sommaria di quelle correzioni, disse con piú esattezza:

«Disgraziatamente le correzioni non furono fatte con assiduitá in tutto il libro, ma solo qua e lá, dove gli errori e le disarmonie riuscivano piú salienti e inducevano l’autore a porvi mano.»

E questo è piú vicino al vero, e potrá accertarsene chiunque vuole, scorrendo la lista completa di quelle correzioni inserita dal medesimo Amabile nel libro citato.

La conclusione di tutto questo è che, malgrado l’esistenza del cimelio napoletano, non si può fare a meno d’integrare la collazione con i soliti espedienti filologici. I quali però sono come i farmachi: è bene usarli in piccole dosi; in questo caso poi con tanta piú cautela in quanto che, bene o male, il prototipo napoletano è stato sotto gli occhi dell’autore, e questo ci fornisce per lo meno un orientamento generale, anche se ci rivela certe trascuratezze nei particolari proprie del temperamento poetico — e non solamente poetico — del Campanella.

Ciò considerato, io mi sono attenuto al criterio della massima possibile fedeltá all’esemplare dei Gerolamini. Si può dire che quando me ne sono staccato l’ho fatto quasi mal volentieri, costretto dall’evidente incoerenza. Invece ho rifiutato di considerare i versi duri, impacciati, insomma «irregolari», secondo i precetti di una metrica piú raffinata, come versi per questo errati o comunque da assoggettare a revisione e rimaneggiamenti per renderli piú «poetici», cioè piú dolci all’udito e piú «regolari».

Il Campanella non fu un puro poeta d’arte, come poteva esserlo un Bembo o un Poliziano. La sua poesia, che in certi momenti si leva tanto alto, partecipa però anche, in strani connubi, della poesia popolare, della poesia dottrinale e profetizzante e della satira politica. È dunque una poesia mai limata, spesso scabra e angolosa, che ritrae dei casi e del carattere dell’uomo, che aveva pur qualcosa «del monte e del macigno» di Stilo.

Perciò non ho creduto di dovermi preoccupare di alcuni versi duri o alquanto contorti, o di altri, che per la posizione di accenti